Inps, congedo straordinario esteso ai figli di persone disabili non conviventi
Con una recente sentenza emessa dalla Corte costituzionale il 07 dicembre 2018 (sentenza 232), è stata estesa la possibilità di accesso al diritto al congedo straordinario ai figli di persone disabili anche se non conviventi al momento della presentazione della domanda di congedo, come previsto dall’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001,
La lettera circolare Inps n. 49 del 05 aprile 2019, fornisce indicazioni in merito all’applicazione degli effetti della sentenza per i lavoratori del settore privato, indicando le modalità di presentazione delle domande, i criteri di retroattività e i requisiti per gli aventi diritto.
La delibera della sentenza si inquadra all’interno del contesto normativo delineato dal citato comma 5 dell’articolo 42 del D.Lgs 151/2001, che prevede la possibilità di riconoscere il congedo straordinario per l’assistenza a familiari con disabilità grave, indicando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al congedo che, a partire dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado, e disponendo tuttavia come requisito fondamentale per l’accesso al beneficio, la convivenza con il parente disabile da assistere.
La sentenza 232 del 208 ha invece dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale presupposto nella misura in cui il figlio non convivente al momento della presentazione della domanda, lo diventi successivamente a causa dell’evoluzione della situazione che potrebbe prevedere la mancanza del sostegno al familiare disabile in seguito a decesso, mancanza o impossibilità di altri familiari di esercitarlo. “il figlio che, al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave, ma che tale convivenza successivamente instauri, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, del padre e della madre, anche adottivi, dei figli conviventi, dei fratelli e delle sorelle conviventi, dei parenti o affini entro il terzo grado conviventi, legittimati a richiedere il beneficio in via prioritaria secondo l’ordine determinato dalla legge”.
Nuove disposizioni
Alla luce di tale considerazione Inps ha aggiornato i criteri di priorità e i requisiti per l’accesso al beneficio dei soggetti interessati, introducendo le nuove disposizioni che prevedono quindi il seguente ordine:
- il coniuge o la parte dell’unione civile convivente della persona disabile in situazione di gravità;
- il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge o della parte dell’unione civile convivente;
- uno dei “figli conviventi” della persona disabile, nel caso in cui il coniuge convivente o la parte dell’unione civile ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile nel caso in cui i soggetti di cui al punto precedente siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- un parente o affine entro il terzo grado convivente della persona disabile nel caso in cui i soggetti di cui al punto precedente siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
- uno dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui i soggetti di cui al punto precedente siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti, quest’ultima situazione introdotta quindi per effetto della sentenza di dicembre 2018
Per poter certificare il diritto al beneficio del figlio non convivente al momento della domanda, è necessario che il richiedente dichiari nell’istanza, sotto la propria responsabilità, che provvederà ad instaurare la convivenza con il familiare disabile in situazione di gravità entro l’inizio del periodo di congedo richiesto e a conservarla per tutta la durata dello stesso.
La disposizione assume inoltre un regime di retroattività, diventando applicabile anche ai casi di richieste già pervenute all’INPS e relative a rapporti non esauriti al momento della pubblicazione della sentenza.